La figura dello stemma del Giglio Fiorentino ha accompagnato ed esaltato la storia di Firenze e mentre, nel corso del tempo, questo fortunatissimo simbolo grafico travalicava i confini della terra toscana, esso diventava nel contempo sempre di più un vero e proprio segno identitario del popolo toscano e fiorentino in particolare.
In questa terra non solo ci sono le rappresentazioni più antiche in assoluto antesignane del Giglio araldico, ma c'è anche la più grande maturità espressiva - in fatto di padronanza, versatilità e creatività - nella sua riproduzione artigianale e artistica testimoniata nei secoli, soprattutto attraverso la pittura e la scultura. Addirittura sui tessuti degli abiti di santi e re magi, pittori dei secoli XIV e XV, come Bernardo Daddi, Gentile da Fabriano e Lippo d'Andrea, hanno creato decorazioni ispirate dal Giglio Fiorentino davvero stupefacenti in fatto di originalità, senza mai stravolgere ma anzi rigenerando con estro artistico l'armonia e la potenza di questa straordinaria figura ancora oggi tutta da scoprire e soprattutto da tutelare.
Lo stemma del Giglio Fiorentino pur nella sua complessità ha una stabilità grafica che è sempre stata salvaguardata nella plurisecolare evoluzione figurativa, essa viene acquisita quando le primitive forme gigliate-liliacee (nitidamente presenti anche fra i reperti etruschi) approdano finalmente alla prima figura completa di tripode appartenente alla tradizione preromanica e viene mantenuta finanche nelle forme più moderne del primo Rinascimento. Un solco temporale all'interno del quale sono sbocciate quelle preziose opere artigianali e artistiche che ancora oggi possiamo ammirare e studiare, una cui selezionatissima sequenza è stata appunto presentata nell'Album del Valico Edizioni.
Botanici illustri del calibro di Giovanni Targioni Tozzetti e di Filippo Parlatore hanno confermato la tradizione orale secondo la quale il Giglio Fiorentino ha un ben preciso modello naturale di riferimento, si tratta di una Iris di colore bianco come l'originario stemma comunale, un fiore che in antico Lilium vulgo vocatur, era cioè popolarmente chiamato Lilium: parola latina che significa appunto Giglio. Persino il nome scientifico attribuito a questa pianta tiene conto dello stretto legame che il suo fiore ha con la città di Firenze, è stata infatti battezzata nel '700 da Linneo col nome di Iris florentina, recuperando un identico binomio già pubblicato su importanti testi scientifici di fine '500 e d'inizio '600.
C'è di più. Nella Flora Italiana pubblicata a Firenze da Le Monnier a partire dal 1848, alla voce Iris florentina viene precisato che il corrispondente nome popolare della pianta è proprio "Giglio Fiorentino" e dunque questo stesso glorioso nome indica contemporaneamente lo stemma comunale di Firenze e la specie botanica che ne è stata il modello naturale ispiratore.
I nomi, come ben si sa, sono conseguenza della realtà delle cose (nomina consequentia rerum) e se oggi volessimo risalire a quale cosa pratica abbia mai potuto portare a questo felice corto circuito nomenclaturale non potremmo fare a meno di ricordare che questo genere di pianta veniva coltivato fin dall'antichità in Toscana e poi esportato in tutta Europa per la straordinaria qualità dei suoi rizomi ancora oggi prodotto toscano d'eccellenza nel mondo, tanto che se ne producono annualmente 28 tonnellate, con concrete possibilità di ulteriore sviluppo.
Al di là delle tracce trecentesche lasciate sui manoscritti degli speziali riguardanti l'uso dei rizomi provenienti da piante a fiore bianco, a fare il punto sulla produzione toscana dell'Iris florentina a metà Cinquecento è il senese Pietro Mattioli, umanista, medico e naturalista che si cimentò in una gigantesca opera composta da molteplici edizioni realizzate nel corso di un trentennio per tradurre in italiano e in latino il trattato di Dioscoride Sulla materia medica, arricchendolo con commenti, tavole botaniche e osservazioni proprie, tanto che quel prezioso lavoro è rimasto per secoli punto di riferimento per medici e scienziati. Parlando infatti della produzione dei rizomi di Iris, Mattioli scrive anche "ce n'è inoltre fra quelle coltivate una che produce fiori di niveo candore - l'abbiamo vista in molti luoghi della Toscana - la cui radice praticamente eguaglia l'illirica per la fragranza dell'odore e per la vigoria".
L'Iris officinale fiorentina è stata coltivata perfino sulle mura della Città, ce ne dà testimonianza, fra gli altri, lo stesso Giovanni Targioni Tozzetti nel suo manoscritto Le Selve in cui afferma l'"Iris domestica florentina di fior bianco, che una volta si vedeva sulle mura di Firenze in maggior copia che quella di fior pavonazzo ed aveva perfino dato origine al Giglio bianco Arme della Città, cangiato poi in rosso." (volume VI, pagg. 248-249). Esiste inoltre un campione secco d'erbario conservato nel Museo di Storia Naturale di Parigi sotto la dicitura Iris florentina allestito con un fiore raccolto sulle mura di Firenze nel 1864. Ancora oggi su quel tratto di mura della cinquecentesca Fortezza da Basso che coincide con l'allineamento della cinta muraria trecentesca prospera un vigoroso e fitto filare molto lungo di Iris pallida, la specie tuttora prevalente nelle coltivazioni di rizomi e corrispondente a quella che in antico veniva chiamata Illirica. Una specie con una qualità di rizomi che competeva ad armi pari con quella dell'Iris florentina, specie quest'ultima che nel tempo è stata purtroppo soppiantata "per non essere stati ripiantati opportunamente i cespi, in occasione di cavarne le barbe", come spiega lo stesso Targioni Tozzetti. Oggi però nelle 2 aree a maggior produzione di rizomi toscani gli agricoltori stanno osservando e moltiplicando delle piante di Iris florentina proprio per valutare un suo possibile ritorno in coltura intensiva, recuperando un patrimonio naturale storico-colturale.
L'Iris florentina, chiamata Giglio Fiorentino e coprotagonista dell'omonimo Album fotografico, è oggi una rarità che viene accuratamente studiata nell'ambito di una specifica Campagna per la reintroduzione del Giglio Fiorentino; fiorisce fra marzo e aprile, centrando spesso in pieno il Capodanno Fiorentino che cade il 25 marzo, giorno in cui Firenze festeggia la solennità dell'Annunciazione (guarda caso nella simbologia mariana l'Iris florentina è collegata proprio alla Madonna Immacolata). Sta di fatto che nel gruppo scultoreo della Madonna in Trono con Gesù Bambino benedicente realizzato da Tito Sarrocchi nel 1887 per la facciata del Duomo di Firenze spicca, nell'armonia generale dell'opera d'arte, appunto lo scettro gigliato rivolto verso il popolo. Quest'immagine non poteva certo mancare fra le 75 foto scattate da Alessandra Perugi raccolte dal Valico Edizioni sotto il titolo Giglio Fiorentino pubblicate nell'edizione da collezione dell'Album d'Emozioni 4.
Il Valico Edizioni ha stabilito dal 2001 al 2012 una sua Unità locale in Valle d'Aosta, la splendida regione dei valichi.
Proprio i valichi, in quanto particolari conformazioni del territorio montuoso che permettono il passaggio da una valle all'altra, hanno ispirato il nome della Casa Editrice.
I valichi sono infatti vie di comunicazione che rimandano al cammino, al viaggio e all'incontro: tre momenti che stanno a fondamento di ogni importante cultura.
Accanto a una produzione contenuta, il Valico Edizioni continua a svolgere le proprie ricerche nei campi affascinanti delle scienze naturali e della fotografia editoriale.
Scarica il pdf (4,5 Mb) con l'elenco illustrato delle attività svolte in Valle dal Valico Edizioni.
MOSTRA ITINERANTE:
Il viaggio della
MADONNINA DEL
GRAN PARADISO
LIBRO:
La montagna abita a Valsavarenche
Tel. 0553841056
FAX - 055574044